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Riad non è un’esibizione, ma un’anteprima del tennis di domani

Il Six Kings Slam fa parte di una strategia che potrebbe cambiare faccia al circuito mondiale

foto Felice Calabro’

Il Six Kings Slam, la straricca esibizione di Riad, sta spaccando. A conferma che si tratta di qualcosa di più, di diverso di una normale esibizione. Di una finestra con vista sul futuro. 

I siti web dei principali quotidiani che lo seguono in diretta, come fosse un grande torneo, le partite vengono trasmesse in contemporanea da Sky, Supertennis e Dazn. In Italia: ma anche in altri 200 paesi. E i fan lo commentano facendo poche distinzioni di status: è un evento, e di quelli che attirano l’attenzione, fanno discutere.  

Merito di Jannik Sinner, certo, oltre che di Novak Djokovic e Carlos Alcaraz, e di un montepremi folle: 5.5 milioni di euro, più o meno quanto hanno portato a casa lo stesso Sinner vincendo Australian Open e Us Open, e Alcaraz conquistando Roland Garros e Wimbledon. Daniil Medvedev, in compenso, per perdere 6-0 6-3 una partita in 68 minuti si è intascato 20 mila euro al minuto…

Il tennis: lo sport nel quale tutti si lamentano di giocare troppo, viaggiare troppo, stancarsi troppo, ma appena hanno un minuto libero corrono a prendere un altro jet e cambiare un paio di fusi per intascare ‘borse’ da nababbi.

Per carità, le esibizioni nel tennis ci sono sempre state, ma in passato si giocavano nei periodi morti dell’annata – vedi la Grand Slam Cup, fino a oggi, il più ambizioso tentativo di fare concorrenza ai circuiti ufficiali –  e quasi sempre attiravano poco interesse al di fuori del paese in cui si svolgevano. Magari in campo ci si metteva d’accordo (e forse ancora lo si fa): tu vinci il primo set, io il secondo, il terzo ce lo giochiamo seriamente. Oppure il contrario: chi vince il primo vince la partita, anche se comunque si deve arrivare al terzo set: viva lo show. Un po’ meno lo sport. 

Il Barnum arabo invece è piazzato in mezzo alla stagione autunnale, ruba interesse, sponsor, audience – ed energie – al circuito principale.

A soffrirne per ora sono soprattutto i tornei più piccoli, gli Atp 250 che infatti rischiano l’estinzione e già stanno protestando a viva voce, ma in futuro potrebbe diventare un problema anche per i 500 e i 1000.  

Del resto gli eventi che tecnicamente non fanno parte del circuito ormai si stanno moltiplicando, con o senza l’imprimatur di chi gestisce il tutto: Laver Cup, Uts, Hopman Cup, United Cup, Kooyong Classic, e la lista non è completa. 

L’Arabia – che nel 2026 avrà probabilmente un 1000 tutto suo a febbraio – solo per lanciare lo Slam dei Sei Re ha girato uno spot che pare un kolossal della Marvel. Il messaggio è chiaro.

 «Non è un film e nessuno lo guarderà – ha commentato stizzito via social sir Andy Murray – perchè si tratta di un’esibizione di cui non interessa nulla a nessuno». Andy, non crediamo sia proprio così. 

Del resto Stefanos Tsitsipas, prototipo del campione bruciacchiato dalla tensione e in crisi di risultati, ha apertamente dichiarato che si è divertito «più a giocare la Laver Cup che un Masters 1000». 

I tornei sono stressanti, le esibizioni remunerative e soft: ovviamente per chi è chiamato a giocarle. «Un torneo Atp può durare cinque giorni o più, e ti svuota mentalmente dentro e fuori dal campo – ha detto Taylor Fritz, citato da L’Equipe –  mentre in un’esibizione ti presenti, ti diverti un po’ e dai spettacolo per un paio di partite. Non c’è alcuno sforzo per il corpo e non c’è assolutamente stress o stanchezza mentale». Proviamo allora a immaginarlo, lo scenario che ci attende: un circuito vip con i quattro Slam e una manciata di tornei che assomigliano da vicino a super esibizioni, e uno per “peones”, che si scannano in arene di provincia nella speranza di essere promossi. 

Insomma Sinner, Djokovic, Alcaraz e gli altri happy few fanno benissimo a impegnarsi – o magari a fingere di impegnarsi – a Riad. Perché non si tratta di un’esibizione, ma di una prova tecnica di futuro. Ottimamente retribuita, fra l’altro. 

L’articolo Riad non è un’esibizione, ma un’anteprima del tennis di domani proviene da Il Tennis Italiano.

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