Quando un applauso spontaneo è scoppiato dopo l’uscita di Luciano Spalletti dalla conferenza stampa di ieri – dove ha annunciato il suo esonero – la maggior parte delle persone presenti in sala deve aver pensato che, sebbene un cambio alla guida degli Azzurri fosse necessario, nessuno avrebbe voluto che finisse così. Il rapporto teso di Spalletti con la stampa non è stato certo il problema principale durante il suo mandato come allenatore dell’Italia, ma era sintomatico del clima teso che circondava il campo azzurro – un clima che ti faceva sentire che qualcosa non andava. Durante il suo mandato, la stampa italiana lo ha spesso preso di mira e criticato. Hanno fiutato l’odore del sangue mentre l’allenatore diventava sempre più frustrato, apparendo nervoso e irritabile. Ma ieri, Spalletti ha solo sfiorato questo aspetto. Il fulcro del suo discorso è stata un’onesta, onorevole e brutalmente franca accettazione di responsabilità. Luciano Spalletti non ha cercato scuse: “Sono pienamente responsabile di questo”, ha detto. Ci si poteva aspettare del risentimento da parte di Spalletti, e in effetti, la conferenza stampa di ieri è stata un’altra prova per lui. Ha sospirato, brontolato alle domande della stampa e ha faticato a trovare le parole, fino alla sua ultima, teatrale uscita di scena. Ma non ha puntato il dito. L’ultima domanda, quella che lo ha fatto crollare e uscire furibondo, è stata: “Si è sentito tradito da qualcuno?” “No, non mi sento tradito”, ha sbuffato, e invece ha iniziato a elencare le persone che voleva ringraziare, finché l’emozione non lo ha sopraffatto. Spalletti era solo, un uomo ferito con un sogno infranto tra le mani. Non ha chiesto compassione. Ma glielo diamo comunque, perché non si può fare a meno di provare compassione per lui. Immaginate questo: prendete uno degli allenatori più affermati d’Italia, fresco della vittoria dello Scudetto in modo spettacolare – che ha interrotto un digiuno di 33 anni al Napoli – e gli date il lavoro dei sogni: guidare gli Azzurri. Per un uomo patriottico e di sani principi come Spalletti, l’Italia era davvero un lavoro da sogno. E, non fatevi illusioni, ha dato tutto quello che aveva. Poi, dopo quasi due anni di incarico, con una disastrosa campagna a Euro 2024 alle spalle e dopo aver fallito miseramente una prova fondamentale sulla strada per l’imminente Coppa del Mondo, dovete accettare – senza cercare scuse – che le cose non sono andate come speravate e che ora avete raggiunto un punto di rottura. Spalletti ha detto di voler continuare, ma deve essere stato chiaro per lui che la sua causa era persa. La pessima prestazione contro la Norvegia – con gli Azzurri che non hanno mostrato segni di reazione dopo aver subito tre gol in soli 45 minuti – ha rivelato una squadra che non sapeva cosa fare. Erano persi. Avevano bisogno di un reset, prima mentalmente e poi tatticamente. “Luciano, non possiamo continuare così”, gli avrebbe detto il presidente della FIGC Gabriele Gravina durante la schietta conversazione a Coverciano, sede degli Azzurri, che ha preceduto il suo esonero. Spalletti ha accettato con rassegnazione l’inevitabile e ha persino scelto di rinunciare al suo stipendio, trasformando quello che sarebbe stato un esonero in una risoluzione consensuale del contratto. I soldi non sono un problema per Spalletti, ma la sua decisione non deve essere data per scontata: aveva il diritto di rimanere a libro paga della FIGC e di esigere ogni centesimo che gli spettava. Non l’ha fatto e questo la dice lunga su quanto tenesse davvero a quel lavoro. Stasera siederà sulla panchina dell’Italia per l’ultima volta, mentre la squadra affronta la Moldavia nella seconda partita di qualificazione ai Mondiali. L’Italia non ha solo bisogno di vincere, ma deve farlo con un ampio margine per iniziare con il piede giusto la sua quasi impossibile rincorsa alla Norvegia. Speriamo che i giocatori – che, nonostante Spalletti si sia assunto tutte le colpe, sono altrettanto responsabili del pasticcio in cui si trova la Nazionale – diano segni di reazione e lo onorino con una prestazione degna della maglia che indossano. Luciano Spalletti non merita di meno. E devono essere uomini.
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L’articolo “Luciano Spalletti, un’uscita onorevole per un ferito” è apparso per la prima volta su The Cult of Calcio.









