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Jannik e il Fattore Fantasia

Contro Denis Shapovalov Sinner ha sofferto l’estro del canadese. Lo stesso era accaduto con Dimitrov a Londra e Bublik, suo prossimo avversario allo Us Open, quanto a creatività non è da meno

foto Ray Giubilo

Quest’anno Jannik Sinner, oltre che con Carlos Alcaraz, ha perso solo contro Alexander Bublik: ad Halle, sull’erba.
Ha rischiato fortemente di perdere un’altra partita, come tutti ci ricordiamo: a Wimbledon, quando si è trovato sotto due set a zero contro Grigor Dimitrov prima che il bulgaro di distruggesse un pettorale. Qui a Flushing ha perso un set – uno dei pochi che ha lasciato per strada quest’anno negli Slam – contro Denis Shapovalov. Che cosa hanno in comune, allora, Carlitos, Griga, Alexander e Denis?
La fantasia. La capacità di rompere gli schemi e uscire dai binari, di pensare out of the box, fuori dalla scatola.
E’ il ‘fattore fantasia’, insomma, che spesso sa mettere sabbia negli ingranaggi del campione. Che come ha ribadito ieri, non è ‘una macchina’, ma che in campo difficilmente va in difficoltà contro chi percorre sentieri più banali, o non sa sottrarsi con un briciolo di inventiva – di follia, nel caso di Alex – ai suoi schemi devastanti.

Di solito, chi ha neuroni più estrosi fatica però a farli funzionare a pieno regime a lungo, perché anche l’intuito brucia energia, anche la fantasia consuma risorse e carboidrati. Ed è su quello che Jannik fa leva le volte che si trova in difficoltà contro gli artisti del tour. Disponendo di una tenuta mentale blindata, o quasi, non si scompone, attende il momento in cui le scintille dell’avversario diventano cortocircuito, e lì affonda i suoi devastanti strumenti. Ne abbiamo avuto la riprova nel match contro Shapovalov. E’ bastato un niente, una interruzione per cambiare le scarpe di Sinner a cui si era spezzato il laccio, per interrompere il circuito virtuoso di Shapo. Che dopo un game disastroso al servizio si è smarrito nella terra estrema in cui Jannik sa trasformare i match quando riprende in mano l’iniziativa.

Spesso quindi la storia dei match fra la Volpe e i suoi avversari più creativi corre proprio su quel filo, nell’equilibrio incostante e variabile fra invenzione e resistenza. Non a caso, il più resistente e creativo di tutti, oggi, è proprio Carlitos: la Nemesi, il gemello diverso, il rovescio dell’azzurro. Anche lui viaggia a corrente alternata, nella stagione e all’interno dello stesso match, ma a voltaggi faticosi da sopportare persino per Jannik. Il Bublik di inizio carriera era un fusibile, bastava uno sbalzo di corrente a farlo saltare; ora è cambiato, si è messo (relativamente) in pace con se stesso e con la propria capricciosa ispirazione – e lo dimostrano i successi raccolti quest’anno, forse il suo migliore, persino sulla terra, la sua superficie meno amata.
Nel suo repertorio però ha una riserva cospicua di quel materiale preziosissimo e oggi sempre più raro: l’immaginazione, la capacità di vedere oltre e il talento manuale per dare seguito all’illuminazione. A Jannik il compito di spegnergli l’interruttore.

L’articolo Jannik e il Fattore Fantasia proviene da Il Tennis Italiano.

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