Il tennista azzurro ha parlato in conferenza stampa dopo la prima vittoria in Coppa Davis. Le parole di Matteo.

BOLOGNA -«E’ per vivere queste emozioni, che gioco ancora a tennis. Mi siete mancati (rivolto al pubblico, nda), grazie!». A Matteo Berrettini, già protagonista un anno fa nel bis azzurro di Malaga, serviva proprio una vittoria così, per rinfrescare il suo amor proprio e la voglia di sentirsi ancora un giocatore di altissimo livello. Contro Rodionov – che ha dimostrato di meritare più del 177° posto che occupa in classifica – il nostro ha ottenuto la decima vittoria (la nona consecutiva) su dodici partite di singolare in Davis con una prestazione grintosa e attenta («saggia», l’ha definita), non priva di errori ma dove ha saputo nei momenti decisivi dare il meglio di sè.
Come sui tre set point annullati di fila nel secondo set (sul 4-5 0-40) a forza di mazzate di servizio. «Quello è stato il momento più delicato del match – le parole del tennista romano – in quei secondi ho pensato che non dovevo mollare, che non giocavo per me ma per la squadra, che punto dopo punto avrei avuto una chance, e così è stato. Da lì ho preso lo slancio per disputare un bel tie break e chiudere la partita. Che voto penso di meritarmi? Beh, ho lottato, mi sono mosso bene, soprattutto ho cominciato bene l’incontro. Dai, mi regalo un 8».
Allargando un po’ il discorso, pensando alla prossima stagione? «Io credo di aver disputato quest’anno tante belle partite, anche negli ultimi mesi. Certo, devo ritrovare una maggiore continuità, ma se penso al 2026 ho grande fiducia nel mio tennis, ci divertiremo ancora. Intanto però concentriamoci sul Belgio, è una bella squadra e non sarà facile». E lo sa bene lui, che nelle qualificazioni di un anno fa – proprio a Bologna – superò a fatica il giovane Blockx (7-5 al terzo set).
Si torna a parlare del fascino della Davis, che sembra intatto malgrado una formula molto discussa. «Fin da quando sono bambino – la risposta di Matteo – mi sono sempre piaciute tanto le competizioni a squadre. Io sono felice di essere qui, di sentire l’atmosfera particolare, l’emozione dell’inno, il rumore dei tamburi, il divertimento di far parte di una squadra, l’orgoglio di giocare per la propria nazione. Nei momenti più difficili delle ultime due stagioni, tra un infortunio e l’altro, proprio la voglia di tornare a giocare la Davis mi ha dato una motivazione in più. Sinner e Musetti? Si sono fatti sentire in questi giorni, e lo faranno ancora, ne sono sicuro.
L’idea di programmare la coppa ogni due anni? Sono discorsi complicati, io credo che non si parli abbastanza degli sforzi che sono richiesti al nostro fisico per giocare in questo momento storico del tennis. Non credo che si potrà mai tornare ai cinque set in Davis, ma una riflessione sul calendario agonistico e sulla nostra salute andrà fatto». Ultima domanda: ma come ti è venuto nel tie break quel punto incredibile, sotto rete, che ti ha regalato il doppio match point? «Ho colpito la pallina con il telaio, esattamente con il cuore della racchetta». E allora è stata proprio una vittoria di… cuore.
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