La passione di Ivan Lendl per Alfons Mucha fa capolino in una mostra a Palazzo Bonaparte a Roma

C’è una foto in bianco e nero, sul web, dove Ivan Lendl posa orgoglioso, e insolitamente sorridente, davanti al manifesto che rappresenta la grande attrice Sarah Bernhardt nel ruolo di Gismonda, la principessa greca protagonista del melodramma teatrale rappresentato a Parigi nel 1894. Questo poster, verticale, quasi a grandezza naturale, è uno dei pezzi forti della bellissima mostra dedicata ad Alfons Mucha, in corso di svolgimento – fino al 26 marzo prossimo – presso palazzo Bonaparte a Roma. Ma cosa c’entra il sessantacinquenne Ivan con il grande pittore ceco (e grafico, pubblicitario, scenografo, designer…)?. Il fatto è che il campione di Ostrava è stato a lungo il più importante collezionista mondiale delle opere di Mucha (aveva acquistato 116 dei 119 poster realizzati) che poi una dozzina di anni fa ha venduto – per un prezzo di circa 3,5 milioni di dollari – al businessman Richard Fuxa.
E dire che Lendl, per sua stessa ammissione, non si era mai interessato all’arte, prima di conoscere il figlio di Alfons, Jiri Mucha, giornalista e scrittore, scomparso nel 1991 a 76 anni. «Me lo presentò Jan Kukal, ai tempi capitano della squadra di Coppa Davis della Cecoslovacchia – disse Lendl – anche lui collezionava opere di Mucha. Jiri mi ha influenzato molto ed ho cominciato ad acquistare da lui i manifesti disegnati da suo padre. Il primo che ho comprato fu Gismonda, che fu anche il primo dei nove poster con l’attrice francese come protagonista». Ivan non ha mai spiegato bene le ragioni di questo clamoroso innamoramento per il suo connazionale, che era nato nel 1860 a Ivancice, in Moravia, allora facente parte dell’impero austro-ungarico. Mucha è considerato uno dei padri dell’Art Nouveau e forse nei suoi disegni così precisi e ricchi di particolari, nei trionfi ripetuti di fiori e di frutta, nelle sue donne sensuali e seducenti dalle lunghe capigliature e lo sguardo maliardo, Lendl avrà trovato un antidoto alle sue leggendarie ossessioni, o forse sarà semplicemente rimasto stregato dalla ricerca della perfezione presente nell’opera di Mucha, nell’inseguimento maniacale al dettaglio che in qualche modo unisce le carriere del campione di tennis con il protagonista della “Belle Époque”. Mentre noi appassionati non possiamo non provare a confrontare le vicende delle due “Divine” francesi, Sarah Bernhardt (che giocava a tennis, aveva una villa a Bordighera e applaudiva i fratelli Doherty) e Suzanne Lenglen, descritta non a caso da Gianni Clerici come “più ammirata di Sarah Berhandt, più desiderata di Josephine Baker, più elegante di Anna Pavlova”. Tornando a Lendl, non si conoscono sue nuove passione artistiche. «Il mio unico hobby è il golf», ha ripetuto più volte, con il classico ghigno beffardo.
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