Il gioco e vietato ai minori e puo causare dipendenza patologica –
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Adriano Panatta commenta la scelta di Sinner: “Io sarei andato in Coppa Davis, ma il tennis è cambiato ed esige un programma diverso”

Adriano Panatta non poteva non commentare quanto accaduto nelle ultime ore. La decisione di Jannik Sinner di non giocare le Finali di Coppa Davis a Bologna ha avuto un grande clamore. Una percentuale di opinione pubblica, a questo proposito, si è fatta l’idea che la vicinanza di Jannik all’Italia non sia così sentita, dimenticando però il percorso affrontato in Davis in passato dall’altoatesino, che ha contribuito a portare due successi in fila nelle ultime edizioni.

Sul Corriere della Sera, Panatta ne ha scritto. “Ho giocato quando la vecchia Coppa era una delle priorità che si contavano sulle dita di una mano. Così ci insegnavano. Stava alla sensibilità di ognuno dei tennisti azzurri metterla al primo, secondo o terzo posto, ma la cinquina delle cose da fare ruotava intorno a Roma, Parigi, Wimbledon, la Davis, e forse, per ultimi, gli US Open. Degli Australian Open nessuno parlava, manco li seguivamo sui giornali. Io ci sono stato una volta, giovanissimo, Borg credo mai. Il tennis è cambiato, e non sempre l’ha fatto nei modi migliori. Questo non fa che aumentare il mio disagio“, la lunga premessa.

Avrebbe senso giudicare gli avvenimenti di oggi, le persone, i loro comportamenti, con il metro di ieri? Io alla Davis non avrei mai rinunciato, e se qualcuno della squadra l’avesse fatto, sarebbero stati i compagni e il capitano, prima ancora della federazione, a chiedere spiegazioni nel modo più duro possibile. Ma non è mai successo. A me e a Paolo, a Corrado e Tonino, e prima di noi a Pietrangeli e a tutti gli altri, non sarebbe nemmeno passato per la mente. Ma la Davis era al centro dei nostri programmi, le altre scelte ruotavano intorno a essa. Oggi non è più così“, la riflessione dell’ex campione sulle differenze che ci sono tra passato e presente.

E su Sinner la conclusione è la seguente: “Posso dirgli che mi dispiace, che fossi stato in lui uno sforzo l’avrei fatto, che sarebbe stato utile anche per tirarsi fuori dalle polemiche che di sicuro prenderanno fuoco. Ma posso dargli torto quando viene a dirci che l’unica priorità è cominciare bene il 2026 e che una settimana di riposo o di lavoro, alla fine, fa la differenza? Il tennis odierno esige dai tennisti un atteggiamento di adesione completa, quasi di devozione. I giocatori sono i CEO delle aziende che portano il loro nome. Sono come militari che devono preparare una missione. Sinner di Davis ne ha vinte due, ora ha bisogno di una pausa per rilanciare le proprie ambizioni: vincere negli Slam, battersi alla pari con Alcaraz, riprendersi il numero uno. Queste sono le sue priorità. Sarebbe stato più facile se il tennis avesse colto i cambiamenti in atto, nei modi di essere dei giocatori soprattutto. La finale di Davis è troppo vicina alle ATP Finals, il calendario non l’aiuta di certo. È un tennis da ripensare nella sua complessità, non per compartimenti stagni. Quando lo faranno, non sarà mai troppo tardi“.

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