Nelle ultime quarantott’ore qualsiasi tipo di dato si è sprecato circa la non convocazione di Jannik Sinner in Coppa Davis per l’Italia nel fine settimana di Bologna. Molto è stato rimarcato, ma dimenticando un fattore fondamentale: il tennis, rispetto agli Anni ’70, è profondamente cambiato. Andando a indagare il rapporto tra i numeri 1 al mondo dal 1973 (da quando esiste il ranking computerizzato) e la Coppa Davis, si scopre che i crismi del complicato esistono per quasi tutti. Andiamo a vederli uno per uno, nel dettaglio. La sequenza è quella in cui i giocatori in questione sono diventati per la prima volta numeri 1.
ILIE NASTASE
Il primo numero 1 della storia del ranking computerizzato (1973) ha disputato incontri di Coppa Davis nell’arco di 19 anni, dal 1966 al 1985. In singolare vanta un record di 74-22 in singolare e di 35-15 in doppio. Per il singolare si tratta della seconda maggior quantità di sempre (il primo è Nicola Pietrangeli). Va però detto che i tie erano molto maggiori, per numero, rispetto a quanto si vede oggi, dal momento che si giocavano le fasi zonali per continente. In questo contesto Nastase si è dovuto spesso caricare l’intera squadra sulle squadre perché, di solito, la Romania non aveva un reale numero 2 all’altezza. Bisogna ricordare come quell’epoca fosse completamente differente: alla Davis ambivano praticamente tutti, e oltretutto Nastase proveniva da un Paese del blocco dell’Est, quello nel quale se rinunciavi a una chiamata nazionale eri poco meno di un disertore, se non un disertore e basta (sul tema ci torneremo). Fece eccezione a tutto questo il 1978, in cui andò nell’ambiente del World Team Tennis, competizione a squadre americana che ha recentemente (2021) chiuso i battenti, ma che allora godeva di grande popolarità. Al vertice della federazione internazionale c’era Philippe Chatrier, che per anni bandì chi partecipava al WTT dagli eventi ITF. Quindi, Slam e Davis.
JOHN NEWCOMBE
Il lato, se vogliamo, folle del ranking ATP computerizzato dal 1973 è che di tutti i grandissimi dell’Australia degli Anni ’50, ’60 e ’70 al primo posto ci sia andato solo lui, e non tutti quelli che sono passati ai tempi: Frank Sedgman, Ken Rosewall, Lew Hoad, Fred Stolle, Neale Fraser, e soprattutto Rod Laver e Roy Emerson. Newcombe, inoltre, ha vissuto una situazione del tutto particolare. Rimasto dilettante fino al 1967, nel 1968 passò pro con il WCT di Lamar Hunt (che sarebbe poi diventato una delle due branche del tennis pro dei ’70 e ’80). Tre mesi dopo aprì il tennis Open. La Davis, però, avrebbe recepito con un certo ritardo la situazione. Infatti, se si nota la sua carriera, tra il 1963 e il 1976 c’è un buco negli anni 1968-1972. Questo perché l’ITF seguitava con l’ineleggibilità di quelli come lui (Laver compreso), per farla molto breve. Poi c’è la Davis del 1974 che non giocò perché altri furono chiamati. Chiuse nel 1976, si ritirò nel 1981 a 37 anni e poi nell’ambiente Davis tornò da capitano, nel 1995 e fino al 2000 con la vittoria del 1999. Per lui record di 16-7 in singolare e 9-2 in doppio.
JIMMY CONNORS
Il punto, con Jimbo, è uno solo. Se c’è stato un giocatore, uno solo, che ha odiato con tutte le proprie forze la Coppa Davis, al punto da litigare con Arthur Ashe e John McEnroe (con cui è stato in pessimi rapporti per tantissimi anni anche nel personale), quello è lui. L’ha giocata per sole tre volte: 1975, 1981 e 1984. Sette tie, per l’esattezza. Detestava il format, preferiva il WTT, e oltretutto anche il suo comportamento nelle rare volte in cui fu presente non fu proprio di quelli bellissimi, per usare un eufemismo. Sì, la Davis l’ha vinta nel 1981, ma sono più famose le molte storie degli attriti interni che furono parte della sconfitta in finale contro la Svezia del 1984.
BJORN BORG
Di recente è uscita l’autobiografia di Borg, “Battiti”, tradotta in Italia da Rizzoli. E qui rimarca come grande fosse il suo orgoglio per giocare in Davis, dove debuttò a 15 anni visto il suo precocissimo talento. Eppure non sempre giocò. Fino al 1975 ci fu praticamente sempre, e in quell’anno riuscì a trascinare i compagni a una storica vittoria contro la Cecoslovacchia di Jan Kodes in finale. Poi nel 1976 e 1977 vennero WTT, i problemi con la federazione internazionale e due anni senza Davis. Poi si rivide nel 1978 e restò fino alla semifinale europea del 1980 (non giocò la finale contro l’Italia). Nel 1981, l’ultimo suo vero anno, non giocò la Davis. Il suo record è di 37-3 in singolare e 8-8 in doppio. 33 le sue vittorie consecutive in singolare: un record che fu poi battuto da Marcos Baghdatis (con tutti i distinguo del cipriota, che non aveva proprio gli stessi avversari).
JOHN MCENROE
Mac è un uomo che ha profondamente amato la Coppa Davis, l’ha abbracciata e voluta fin dall’inizio. E del resto era nato in una generazione nella quale l’importanza della Davis era ancora altissima. L’ha giocata quasi sempre, fino all’ultimo, nel 1992. Per un anno, nel 1985, si ritirò, ma fu uno screzio con la USTA a tenerlo fuori nel 1986, poi ebbe difficoltà con la federazione anche nel 1987. Ma, dal 1978 in poi, gli unici anni in cui è mancato sono 1985, 1986 e 1990 (in cui a essere ruotati furono molti altri). Fu anche brevemente capitano nel 2000, ma si scontrò con la realtà della Davis che era rapidamente cambiata, iniziando a non essere più in cima alla lista dei desideri dei top player. Record: 41-18 in singolare, 18-2 in doppio, cinque vittorie e tantissimi aneddoti.
IVAN LENDL
Il suo caso è molto, molto diverso da tutti quelli che abbiamo già visto. Lendl, infatti, si trovò in una situazione ben oltre il paradossale fin dal 1986 compreso, dopo aver pressoché sempre risposto alle chiamate dal 1978 in poi anche con alcuni disaccordi, che non erano pochi, in seno alla squadra della Cecoslovacchia di allora. Dopo il 1985, però, se ne andò direzione USA. Il risultato fu che il suo Paese di nascita ostacolò il percorso per farlo diventare cittadino americano e, di fatto, non poté più giocare in Davis perché considerato disertore illegale. Nella sua testa, Lendl avrebbe voluto rigiocare la Davis sotto bandiera USA dal 1988. Nel 1992 è diventato cittadino americano. Record: 18-11 in singolare, 4-4 in doppio.
MATS WILANDER
L’uomo che, nel 1988, prese a dominare praticamente tutto quel che riguardava la terra rossa, con la Davis aveva un ottimo rapporto. Ha fatto parte della squadra dal 1981 al 1990 (o meglio, all’Italia-Svezia in cui Paolo Canè lo batté a Cagliari), quando aveva la possibilità di essere chiamato o risultava comunque competitivo, ed è tornato per un’ultima volta nel 1995 nel tentativo di battere una rarissima accoppiata Sampras-Agassi negli USA. Disputò sette finali consecutive di Davis dal 1982 al 1988. 37-17 il suo bilancio in singolare, 7-2 in doppio. Per trent’anni il match McEnroe-Wilander nel quarto USA-Svezia del 1982 è stato il più lungo della storia della Davis: 6 ore e 22 minuti. Al tempo, però, va ricordato che non c’era ancora il tie-break, dato che fu l’ultima competizione ad aggiungerlo dopo che tutti gli altri tornei ed eventi ci erano arrivati.
STEFAN EDBERG
L’Angelo biondo secondo tanti, il Tacchino Freddo secondo Galeazzi, l’artista della rete secondo tutti, in Davis ci è andato ogni singolo anno dal 1984 al 1996. Ed è quasi l’ultimo di una generazione in questo senso, come vedremo. Record di 34-14 in singolare e 12-8 in doppio. Vero, non sempre veniva chiamato o si faceva chiamare (nella già citata Cagliari non c’era), e in effetti ci sono diversi buchi nella sua scheda apparizioni. Detta in altra maniera, non ha sempre giocato per intero i turni dagli ottavi alla finale (o altre evenienze) del World Group del tempo. Ma è stato anche lui elemento importantissimo per la Svezia dei tempi d’oro.
BORIS BECKER
Parla per lui il suo record di 38-3 in singolare e 16-9 in doppio. Qualunque cosa potesse fare di squadra, Boris la faceva e la Germania lo seguiva, dal momento che tra lui e Steffi Graf il tennis visse un boom mai più replicato. Non la giocò, però, in alcune occasioni: tolti alcuni tie all’interno delle annate in cui c’è stata comunque una sua presenza, “Bum Bum” si è assentato nel 1990, 1993 e 1994. In particolare, 1993 e 1994 furono i suoi due anni di gran lunga peggiori anche a causa di infortuni (in pratica incise quasi solo a Wimbledon).
JIM COURIER
Di fatto, se il nome di Courier dai capelli rossi è legato alla Davis, lo si deve al fatto che si è trattato di un giocatore che, una volta passato il suo periodo con status da numero 1, ha spesso dovuto sopperire alle assenze di altri (leggere alle voci di Sampras e Agassi, ma non solo). Com’è come non è, ha giocato a intermittenza la Davis dal 1991 al 1999. Record di 16-10 in singolare, ha giocato e vinto un unico doppio.
PETE SAMPRAS
Il suo nome ricorre inevitabilmente quando si deve dare un inizio del rapporto veramente complesso tra i numeri 1 al mondo e la Coppa Davis. Si pensi che la sua prima volta nella coppa si ebbe direttamente nella finale 1991, quella persa dagli USA in Francia con Forget e Leconte scatenati. Rarissime le apparizioni sue e di Agassi assieme: finale 1991, campagna 1992, campagna 1995. Comunque rarefatte quelle di Pistol Pete, che a incontri molto saltuari e annate alterne si è visto dal 1991 al 2002 con un record di 15-8 in singolare e 4-0 in doppio, per un totale di 16 tie.
ANDRE AGASSI
Di fatto la sua parabola in Davis ricorda quella di Sampras, con un attaccamento però forse leggermente maggiore rispetto al suo storico rivale. Ci sono diversi frammenti di Open che passano (molto) brevemente sulla Davis, dove ha partecipato abbastanza a intermittenza dal 1988 fino al 2000, per poi collezionare un’ultima presenza nel primo turno del 2005 contro la Croazia che avrebbe poi vinto. Ma già prima il Kid di Las Vegas non usava scegliere sempre la Davis. O almeno, di fatto dal 1993 in poi, 1995 a parte, è diventata per lui più un peso che altro. Anche se già prima non partecipava a tutti i tie. Record totale di 30-6 in 22 tie dal 1988 in avanti per lui.
THOMAS MUSTER
Di fatto, anche per lui rapporto forse meno complicato della coppia Sampras-Agassi in tema di Davis, ma pur sempre con dei tira e molla. Presente in squadra fin dal 1984, per un paio d’anni (1992 e 1993) non ha disputato alcun tie. Ha dato all’Austria un paio di finali europee e, poi, nel 1990 ha quasi da solo portato i suoi in finale: sconfitta con gli USA in semifinale. Ultima sua presenza nel 1997, ma va detto che le sue assenze erano più rare rispetto ad altri. Record: 36-8 in singolare, 9-10 in doppio.
MARCELO RIOS
Per lui appena quattro settimane da numero uno, ma sufficienti a farlo rientrare in quest’analisi. La sua parabola è diversa perché il Cile, in quel periodo, doveva fare (e avrebbe poi ancora fatto) su e giù tra il Gruppo Mondiale e il Gruppo I americano. Breve la sua parabola da big, e nei fatti breve anche la sua carriera. In ogni caso, in un’area geografica in cui la Davis è e resta estremamente sentita, il suo record è di 25-10 in singolare e 28-17 in 21 tie dal 1993 al 2003.
CARLOS MOYA
In questa fase tra gli Anni ’90 e i primi 2000 di nuovi nomi al vertice ce ne sono stati tanti. Moya, ottimo giocatore su terra rossa da un Roland Garros in carriera e ottima capacità di difendersi sul veloce, è stato tra quelli che ha vissuto una parabola particolare in Davis. Chiamato quasi sempre dal 1996 al 2004, con un record di 20-7 in singolare su 15 tie (non era doppista), ha contribuito alla vittoria del 2004 (quella del giovane Nadal), ha saltato le campagne 2000 e 2002 per intero. Dal 2005 in poi, anche se era ancora in attività, ha lasciato spazio a un’altra generazione.
YEVGENY KAFELNIKOV
Il primo dei russi capace di arrivare al numero 1 ha 10 anni di carriera in Coppa Davis, dal 1993 al 2003. Fa parte di quelli che sono sempre stati pronti a disputarla, da qualsiasi parte e in qualsiasi condizione. Ha disputato 28 tie, con un record di 31-16 in singolare e 13-12 in doppio. Di fatto ha sempre giocato da protagonista di spicco del team russo.
PATRICK RAFTER
L’ultimo dei grandissimi giocatori d’attacco puro della storia del tennis è rimasto una sola settimana in vetta al ranking, ma fa piacere ricordare il suo record di 18-10 in singolare e 3-1 in doppio in Davis. La finale contro la Francia del 2001 ha anche avuto il ruolo di ultima sua apparizione su un campo da tennis, perché si è poi infortunato, non ha più giocato nel 2002 e si è ritirato a inizio 2003 senza più motivazioni per competere. Dal 1994 al 2001 ha marcato sempre almeno una presenza.
MARAT SAFIN
Presenze abbastanza a intermittenza per uno dei giocatori che ha lasciato forse più rimpianti negli appassionati per ciò che poteva essere e, alla fine dei conti, è stato meno di quel che si poteva pensare. Vero, ha saltato per intero il solo 2003 per quanto la Russia avesse (ancora) Kafelnikov più Davydenko e Youzhny, ma è altrettanto vero che non c’è stata una vera costanza sia in Davis che, più in generale, nella sua carriera, soprattutto nella seconda parte di questa. Bilancio: 20-15 in singolare, 10-4 in doppio in 21 tie, con vittoria nel 2002 (in Francia).
GUSTAVO KUERTEN
Guga vanta un record di 21-11 in singolare e 13-3 in doppio, anche se negli ultimi anni è stato impiegato più in doppio che altrove perché ormai fisicamente era in quelle serie difficoltà che l’hanno portato al ritiro. Impiegato dal 1996 al 2007, ha saltato il solo 2004, quando il Brasile è precipitato nel Gruppo II americano visto che, dietro di lui, non è che avesse tantissima qualità, o meglio quella sufficiente per restare nel World Group.
LLEYTON HEWITT
Il suo è un caso praticamente da ultimo romantico, più unico che raro, perché è ben noto che “Rusty” pianificava la sua stagione prima in base alla Davis e poi in base a tutto il resto. Lui ha vissuto la competizione come forse nessuno negli ultimi quarant’anni, e non è un eufemismo, tanto da rimanere capitano anche nonostante il format odierno sia quanto di più lontano dal suo gradimento (e l’ha ribadito mille volte). Dal 1999 al 2018 si è spinto fino a un complessivo record di 58-20 tra singolare e doppio, e qui ha riportato alcune delle vittorie più belle della sua carriera, tra cui quella nella semifinale del 2003 contro Roger Federer. Famosissime le sue schermaglie con gli argentini tra il 2002 e il 2006. Non è stato quello che sembrava tra 2001 e 2002, ma è rimasto uno che in quegli anni ha dato tutto il possibile, e forse anche oltre, soprattutto in Davis e in territorio australiano. Record di 42-14 in singolare e 17-7 in doppio.
JUAN CARLOS FERRERO
Di fatto la sua parabola di chiamate coincide quasi del tutto con il suo periodo migliore, tra 2000 e 2005. Poi, anche se pienamente in attività, non è più stato in grado di guadagnarsi un posto nel consesso spagnolo se non in due occasioni, e sempre per un gran numero di assenze altrui: quarti e semifinale del 2009, primo turno del 2012. Record di 18-6 in singolare, 0-1 in doppio (nella finale 2004, quando il punto USA dei gemelli Bryan era tanto sicuro che chiunque avrebbe potuto affrontarli senza cavarne granché).
ANDY RODDICK
A-Rod è stato un davisman molto meno a intermittenza di altri se consideriamo il contesto americano. Un po’ più McEnroe che Sampras-Agassi-Courier, dal 2001 non si è praticamente mai tirato indietro, salvo che nel 2010 e nell’anno della fine della sua carriera, il 2012, quando altri stavano prendendo i posti di una nuova generazione a stelle e strisce. Ha un particolare 12-0 nei match che hanno chiuso un tie di Davis.
ROGER FEDERER
Quando si parla dello svizzero, si parla anche di una carriera strana in chiave Davis. La realtà è questa: dal 1998 al 2003 non ha praticamente mai mancato una convocazione, poi le cose hanno iniziato a cambiare con il suo approdo al numero 1 del mondo. Spesso andava così: saltava il primo turno, tornava per il playoff, anche perché nel frattempo in quel periodo la Svizzera aveva di fatto solo lui. Poi è salito Wawrinka e ci furono due tentativi di conquistare l’Insalatiera: uno fallì subito, nel 2012, l’altro andò a segno, nel 2014, con Roger a giocare anche un quinto match decisivo contro Andrey Golubev nei quarti con il Kazakistan, fatto che, stranamente, mai gli era capitato. Dopo un ultimo playoff nel 2015 con la maglia elvetica non si è visto più. In complesso il suo record, singolare e doppio cumulati, è di 52-18 (40-8 in singolare e 12-10 in doppio).
RAFAEL NADAL
Si potrebbe pensare che, dal 2004 al 2024, il tasso di presenze di Nadal sia stato molto alto. La percezione, amplificata dalle cinque Davis vinte fino al 2019, sia col vecchio che col nuovo format, è però un po’ fuorviante, perché è capitato spesso che il mancino di Manacor si sia assentato. Come accadde nella finale del 2008, pur vinta dalla Spagna in Argentina, a Mar del Plata (aveva giocato quarti e semifinale). Ha completamente saltato 2007, 2010, 2012, 2014, 2017 e tutto quel che passa tra il 2020 e il 2023. Fino a quello che è stato il suo ultimo match contro Botic van de Zandschulp a Malaga. Record di 29-2 in singolare, di 8-4 in doppio.
NOVAK DJOKOVIC
Il serbo ha portato alla sua nazione l’unica Davis della sua storia nel 2010 e, pur portandola molto avanti, anche in finale, in altre occasioni, non è riuscito a ripetersi mai. E in verità, dopo un periodo iniziale della carriera in cui anche lui non mancava praticamente mai, anche il suo è diventato un caso di presenza a intermittenza, similmente a Federer e Nadal. La prima chiamata è arrivata nel 2004 e forse il suo capitolo Davis non è ancora terminato, visto che è ancora attivo (eccome se lo è), ma ci sono stati alcuni anni di vuoto completo: 2012, 2014, 2018, 2022 (il 2020 lo si deve contare con molta relatività). Record di 41-8 in singolare e 5-8 in doppio.
ANDY MURRAY
Lo scozzese ha spesso e volentieri risposto alle chiamate in Davis della Gran Bretagna, e il suo record parla chiaro: 33-3 in singolare, 9-7 in doppio. Questo è anche un po’ il racconto del ritorno della Gran Bretagna nel World Group, perché è lui che, pur partecipando alla Davis ad anni alterni a causa dei tanti impegni sul circuito, l’ha riportata nel World Group. Poi è riuscito a trascinarla alla vittoria nel 2015, prima di partecipare sempre più di rado dal 2016 in avanti (e soprattutto negli anni del nuovo format). Di fatto la sua linea non si discosta da quella degli altri Big Four.
DANIIL MEDVEDEV
Di fatto il russo ha un record di 8-2 in singolare e 0-1 in doppio, e ha partecipato fino al 2021 a tutto quel che riguardava la Davis in maniera forse non integrale, ma con ampio respiro sicuramente. Dal 2022, però, nessun russo può giocare la competizione perché il Paese è sospeso in virtù della guerra mossa contro l’Ucraina. Il giudizio su di lui rimane dunque, per forza di cose, sospeso.
CARLOS ALCARAZ
Il murciano, per certa misura, è presente in maniera ancora minore rispetto a quel che ci si attenderebbe. Storia nota: Alcaraz ha esordito nel 2022 contro la Romania, poi ha giocato la fase a gironi 2022 dopo gli US Open, ha saltato fasi finali di quell’anno e gironi 2023, poi c’è stato nel 2024 al fianco di Nadal. In buona sostanza, 6 tie su 12 e un record di 5-1 in singolare e 1-1 in doppio.
JANNIK SINNER
Di fatto le sue presenze si possono iniziare a contare dal 2021, con un record di 12-1 in singolare e di 3-2 in doppio. Ha fatto tutta la campagna di gironi e quarti 2021, trasferta in Slovacchia e gironi 2022, fasi finali 2023 e fasi finali 2024. Le occasioni in cui ha saltato sono state dovute a stato fisico pessimo (fine 2022 e poi girone di Bologna 2023, quello che generò un vespaio assurdo) o a decisioni dettate dall’esperienza (gironi 2024).